Arriva alla Gran Guardia el “Caballo” Juantorena il leggendario atleta cubano dal passo spropositatamente lungo, unico capace di vincere, nella stessa Olimpiade (Montreal – 1976) 400 ed 800 metri e fa il tutto esaurito.

Nonostante siano passati ben 39 anni la sua impresa rimane impressa nella mente di molti, sia di quelli che c’erano in quel periodo e possono ricordarlo mentre gareggiava sia di quelli più giovani che  hanno potuto rivedere le sue gesta leggendarie.
Juantorena ascolta pazientemente tutti i convenevoli, sorride quando uno degli organizzatori afferma che per trovarlo gli è bastato sorprendentemente prendere la rubrica telefonica, cercare il suo numero e chiamarlo a casa, poi prende la parola e più che il campione viene fuori il missionario dello sport.

C’è un filo diretto che collega Juantorena campione a Juantorena vice presidente della Federazione Mondiale di Atletica (IAAF) ed è questo il suo intendere lo sport: come una missione, come un importante compito da svolgere per rendere la società migliore.
Juantorena, anche quando parla di se come atleta, lo fa mettendo l’accento su questa motivazione più che giustificando i risultati che ha ottenuto con il calibro del suo talento atletico. E’ come se volesse dire che Cuba aveva bisogno di un testimone di sport e lui si sia semplicemente prodigato per interpretare questo ruolo nel migliore dei modi. El “caballo” sposta l’attenzione dalla sua falcata incredibile alla forza di un Paese bisognoso di riscatto e può trovare questo anche nello sport. Le mie lunghe leve, pare voler dire, sono mosse dall’entusiasmo dei miei connazionali più che dalla grandezza del mio talento. Alle domande incalzanti sulle sue caratteristiche di atleta risponde che lui ,in effetti, possedeva grandi doti di recupero e che queste hanno certamente reso possibile la famosa doppietta ai Giochi di Montreal nonostante il programma prevedesse turni eliminatori piuttosto ravvicinati fra loro.

A tal proposito l’umiltà di questo  grande atleta emerge anche quando ammette la paura di quei giorni mentre temeva di commettere un errore a voler osare a prendere parte sia ai 400 che agli 800. Gli 800, la gara più difficile da recuperare erano in programma prima e poteva accadere anche che un eventuale flop su questa distanza ne andasse a provocare uno analogo su quella che era originariamente la sua distanza di punta, i 400.

Quando gli viene chiesto di parlare dei momenti più difficili della sua carriera afferma che ne ha avuti molti e che il suo avversario più temibile è stata la lunga serie di infortuni contro la quale ha dovuto costantemente lottare. Si scopre, quindi, il campione fragile che ha nell’ampiezza della sua falcata sia l’arma vincente che la spada di Damocle della sua carriera. Juantorena si infortuna ai tendini in modo serio più volte e riesce a combattere con la forza di volontà contro questo avversario temibilissimo. Ancora una volta pone l’accento sulla forza di volontà. Viene quasi da pensare che la  sua testimonianza sia travisata dal suo talento. Il suo fisico pare dichiarare l’importanza della genetica, ma lui vuole affermare l’importanza della motivazione. Cita Pietro Mennea e lo fa quasi con invidia come a dire “In lui l’importanza della motivazione è trasparente, non deve essere dichiarata perchè si legge nelle caratteristiche dell’atleta dotato di un fisico assolutamente normale.”

Alla domanda sull’organizzazione sportiva nel suo paese risponde che Cuba è un paese povero, non dotato di grandi strutture ma se un ragazzino non si impegna nell’attività fisica  (gimnasia) a scuola può anche essere bocciato. La scuola si adopera molto per la diffusione dello sport perchè questo atteggiamento, utile anche per scoprire i nuovi campioni dello sport è comunque fondamentale per educare anche i futuri ingegneri, medici, avvocati e professionisti di ogni rango. Sport come strumento educativo oltre che di profilassi sanitaria. Alla richiesta su quali siano i programmi e le intenzioni della  nuova dirigenza della Federazione Mondiale di Atletica risponde che tra gli obiettivi principali c’è quello di diffondere ulteriormente l’atletica leggera nei paesi poveri. Torna il suo spirito di sport come missione. I paesi poveri hanno bisogno dello sport come occasione di sviluppo e lo sport ha bisogno dei paesei poveri per riacquistare credibilità ed importanza. L’atletica può continuare ad essere la regina dello sport nel momento in cui riesce a reclutare tutti i paesi del mondo, anche quelli che hanno seri problemi sociali ed anche per questo hanno bisogno di visibilità.

Grazie, “Caballo”, anche per quello che saprai fare ancora per l’atletica mondiale.

Claudio De Crescenzo